Percezione del timbro
Da "Fisica, onde Musica": un sito web su fisica delle onde e del suono, acustica degli strumenti musicali, scale musicali, armonia e musica.
Jump to navigation Jump to searchChe cos'è il timbro di un suono
Una definizione comunemente accettata di timbro è la seguente:
- il timbro è la qualità percepita di un suono che ci permette di distinguere due suoni che hanno la stessa altezza e la stessa intensità.
In parole più semplici il timbro è la qualità del suono che ci permette di distinguere la voce di un violino da quella di un flauto, quando i due strumenti stiano emettendo una stessa nota. Ascolta questi esempi nei quali un violino, un flauto ed una tromba stanno emettendo il Si bemolle dell'ottava centrale del pianoforte (circa 466 Hz).
Non c'è dubbio che gli strumentisti stiano emettendo note della stessa altezza eppure, anche un orecchio non musicalmente allenato è in grado di percepire la diversa qualità del suono. Per favorire anche l'occhio, abbiamo anche riportato la forma d'onda registrata in funzione del tempo, e lo spettrogramma (si veda Come si legge uno spettrogramma? per una guida alla sua lettura).
Quali fattori determinano il timbro percepito?
Una risposta "statica"
La risposta a questa domanda diventa estremamente intricata non appena si cerca di definire il timbro non in base a quello che permette di fare (distinguere i diversi strumenti musicali) ma in base a parametri oggettivi e misurabili.
- Una prima risposta che spesso si legge è che il timbro di uno strumento è dovuto, in larghissima parte, alla composizione spettrale del suono che esso emette. Il concetto di contenuto spettrale è complesso (esso è ben illustrato nella pagina relativa al teorema di Fourier). Semplificando potremmo dire che quando uno strumento emette una nota di una determinata frequenza (ad esempio il Si bemolle ascoltato in precedenza) esso, a causa dei vincoli imposti dalla "geometria" delle parti oscillanti degli strumenti musicali, genera, insieme alla nota fondamentale, più note tutte di frequenza multipla intera della fondamentale (armoniche).
Lo spettro dei diversi strumenti differisce per la diversa distribuzione dell'energia (e quindi delle ampiezze) tra la nota fondamentale e le armoniche superiori. In effetti confrontando gli spettri dei tre suoni precedenti è possibile osservare il diverso contributo delle varie armoniche
violino | flauto | tromba |
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Spettri in frequenza delle note suonate dai diversi strumenti: sull'asse orizzontale le frequenze, e sull'asse verticale la loro ampiezza in una scala in dB. Si osservi che, anche se la nota percepita è un Si♭ a 466 Hz, tutti gli strumenti emettono armoniche fino al limite della soglia udibile. |
- Ad ogni composizione spettrale corrisponde una ben precisa forma d'onda ottenuta "sommando" le varie armoniche (procedimento chiamato sintesi, quindi potremmo dire in modo più immediato che il timbro di uno strumento è dovuto, in larghissima parte, alla forma d'onda del suono che esso emette. Di seguito riportiamo le forme d'onda dei soliti tre suoni:
violino | flauto | tromba |
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Forme d'onda corrispondenti al Si♭ suonato dai tre strumenti. Sull'asse orizzontale scorre il tempo, mentre sull'asse verticale si legge l'ampiezza dell'onda ad ogni istante. Si osservi che le tre onde sono tutte evidentemente periodiche con lo stesso periodo (pari a circa 2 millesimmi di secondo). Le tre onde invece differiscono per la forma, e nessuna delle tre ha un andamento puramente armonico. Questo conferma che la loro composizione spettrale è complessa e differente nei tre casi. |
La differenza delle tre forme d'onda è evidente.
- Nel nostro Laboratorio virtuale troverai un applet con il quale può divertirti a sintetizzare nuovi suoni decidendo quali armoniche immettere e con quale peso (regolando, cioè, la loro ampiezza). L'applet consente di vedere in tempo reale l'azione della sovrapposizione delle varie armoniche sulla forma d'onda. In linea di principio potresti cercare di riprodurre in modo fedele le forme d'onda dei tre suoni reali precedenti agendo sulla frequenza della nota fondamentale e sull'ampiezza delle armoniche successive. Il risultato è deludente: quando anche la forma d'onda assomiglia molto a quella reale il timbro ottenuto è solo lontanamente somigliante a quello dello strumento reale. Teniamo a precisare che tale deludente risultato non è il frutto di approssimazioni introdotte dal "software" ma consegue dal tentativo di definire il timbro di uno strumento in termini statici.
Una risposta dinamica
Il fatto è che il suono è già di per sé un’entità "vivente", e segue una parabola ben delineata e scandita da diverse fasi temporali: generalmente
- un attacco,
- una fase di "regime"
- una di decadimento.
- Durante queste fasi il contenuto spettrale del suono emesso varia nel tempo.
Gli spettri mostrati nel paragrafo precedente, che "fotografano" il contenuto spettrale medio nel tempo di tutta la durata del suono, sono del tutto insufficienti a rendere ragione della complessa percezione del timbro. Sarebbe come avere la pretesa di comprendere un film osservandone un unico fotogramma. Gli spettri "statici" forniscono una discreta approssimazione del timbro reale solo per la fase di regime di strumenti quali archi o fiati nei quali è possibile "far durare" il suono. Anche se le fasi di attacco e di decadimento contribuiscono sempre alla determinazione del timbro, il suono prodotto da questi strumenti può essere mantenuto stazionario e prolungato a piacere. Negli strumenti percussivi, invece, il suono, dopo essere stato generato non è più sotto il controllo dell'esecutore. Il loro timbro non può in nessun caso essere sintetizzato a partire da uno spettro statico. È per tale ragione che nell'applet vengono riportati tentativi di riproduzione del timbro solo per pochi strumenti (oboe, clarinetto e violino).
Colpo di Tam-tam: il suono cambia ad ogni istante, pur mantenendo un carattere spettrale anarmonico: non si evidenziano picchi distinti a frequenze multiple di una fondamentale, ma un continuo distribuito su una larghezza di banda variabile nel tempo. A colpo d'occhio si distinguono però due regioni spettrali (in rosso): una attorno ai 250 Hz di larghezza circa 120 Hz, ed una più ampia da circa 600 a circa 1600 Hz. |
- Ricordiamo anche che un suono reale (ne troverai molti esempi nelle pagine relative agli strumenti musicali) contiene parziali anarmoniche (non multiple della fondamentale) generate dai "rumori" meccanici delle parti mobili degli strumenti. Anzi, a detta di molti, sono proprio questi piccoli rumori a rendere meno freddo il suono prodotto da uno strumento rispetto a quello sintetizzato.
Da queste considerazioni emerge una risposta alla domanda iniziale molto più articolata seppur, vedremo, non ancora soddisfacente: il timbro di uno strumento è determinato dall'evoluzione del contenuto spettrale del suono nel tempo. In effetti nell'analisi timbrica dei suoni si rivelano di fondamentale importanza i sonogrammi che non sono altro che la rappresentazione dell'evoluzione temporale dello spettro del suono (come un film è un insieme di fotogrammi).
Il concetto di inviluppo
L'utilizzo dei sonogrammi per cogliere l'evoluzione temporale del timbro viene spesso affiancata dall'analisi dell'inviluppo del suono prodotto. Con tale termine intendiamo indicare l'evoluzione dell'ampiezza dell'onda sonora nel tempo (i musicisti usano in luogo dell'ampiezza, il termine dinamica). Nell'inviluppo di un suono si distinguono sempre quattro fasi (non sempre tutte presenti):
- Attacco (attack) che corrisponde alla fase iniziale del suono e dura fino al momento in cui l'onda sonora ha raggiunto la massima ampiezza. Esso può essere molto rapido come negli strumenti a percussione e nel pianoforte (della durata di circa 1/100 di secondo) o maggiormente diluito nel tempo. Negli strumenti ad arco e a fiato l'esecutore può variare, a seconda delle esigenze musicali, i vari tipi di attacco modulandone la durata e le modalità di raggiungimento del picco di energia. È ovvio che ogni suono ha una fase di attacco, in quanto ogni sistema fisico vibrante risponde con un tempo caratteristico: il tempo necessario all'instaurarsi delle onde stazionarie, o all'affermarsi di un particolare modo di vibrazione del sistema. Ascolta gli esempi musicali qui sotto riportati eseguiti, per i nostri scopi, da veri strumentisti in sala di registrazione:
- Decadimento (decay), detto anche decadimento iniziale o primo decadimento. Esso è presente in quegli strumenti (es. tromba) in cui il suono scatta solo se un determinato parametro fisico (ad esempio pressione del soffio) supera una certa soglia. In tale casi il musicista corregge leggermente lo "scatto" dovuto al superamento della soglia, determinando, prima della fase di stabilizzazione del suono, una breve diminuzione dell'ampiezza.
- Tenuta (sustain). È la fase in cui il suono rimane stabile mentre l'esecutore continua a fornire energia. Ovviamente tale fase non esiste negli strumenti a percussione. È interessante osservare che tale fase sembra la più facilmente riproducibile da un sintetizzatore elettronico. In realtà nella fase di sustain l'esecutore introduce fatalmente qualche involontaria fluttuazione in ampiezza che caratterizza il suono da strumenti "veri" rispetto a quelli elettronici.
- Rilascio (release), detto anche decadimento finale - È la fase che inizia nel momento in cui l'esecutore smette di fornire energia allo strumento e il suono decade più o meno rapidamente. Tale fase può essere anche molto lunga negli strumenti a percussione (si pensi alle note base di un pianoforte, o al suono di un gong), mentre di solito è breve negli archi e nei fiati. Ovviamente tutti i suoni hanno un rilascio.
inviluppi della forma d'onda | |||||
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violino | flauto | tromba | |||
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I moderni sintetizzatori elettronici hanno una "circuiteria" finalizzata alla miscelazione di queste quattro fasi e del contenuto spettrale secondo parametri facilmente regolabili dall'esecutore. Il controllo timbrico raggiunto in tali strumenti ormai non è più finalizzato alla resa del suono di strumenti tradizionali; il suono "elettronico" ha ormai una sua esistenza autonoma (si compone ormai musica per sintetizzatori) che si arricchisce della possibilità (teoricamente illimitata) di costruire forme d'onda non generate dagli strumenti tradizionali.
La teoria delle formanti
La risposta data al paragrafo precedente seppur più attenta a cogliere gli aspetti dinamici connessi al timbro del suono è, a ben riflettere, ancora insoddisfacente per quel che riguarda gli aspetti più propriamente percettivi. Ciò per vari ordini di motivi:
- i sonogrammi di suoni di altezza differente generati da uno stesso strumento hanno evoluzione temporale differente, cioè non si ottengono semplicemente "traslando" le frequenze: ciò a causa della diversa evoluzione temporale delle varie armoniche costituenti i vari suoni (allora in teoria, per ciascun strumento dovremmo riconoscere un repertorio di timbri differenti, uno per nota);
forme d'onda | ||
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sonogramma | audio | |
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- addirittura la stessa nota emessa secondo due modalità diverse (ad esempio il LA di un violino suonato sulla seconda corda vuota e generata sula terza corda diteggiata) hanno composizioni spettrali (anche istantanee) leggermente diverse (e ciò aumenterebbe il numero di timbri da associare allo strumento);
forme d'onda | ||
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sonogramma | audio | |
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- in molti esperimenti possiamo, entro certi limiti, alterare il sonogramma di un suono pur continuando a riconoscere il timbro dello strumento che lo produce. Ad esempio riconosciamo abbastanza facilmente gli strumenti quando li sentiamo alla radio, nonostante essa attenui buona parte delle frequenze originali, agendo come un filtro. In un certo senso il nostro apparato percettivo è in grado di associare lo stesso timbro non solo ad un vasto repertorio di sonogrammi, ma anche un gran numero di deformazioni che essi possono subire.
Evidente c'è qualcos'altro che ci consente di individuare uno strumento che non sia solo l'evoluzione del contenuto spettrale del suono nel tempo. È quanto suggerisce la teoria delle formanti. Per comprendere appieno tale teoria ti invitiamo a leggere le pagine suono e risonanza e strumenti musicali; in ogni caso riassumiamo gli assunti fondamentali della teoria delle formanti.
Uno strumento musicale, dal punto di vista di un fisico è semplicemente un sistema atto a generare onde sonore ed irradiarle nell'ambiente. In particolare esso si compone (almeno) di:
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- Una sorgente primaria di vibrazione (corda, membrana, lastra, aria) accordabile a diverse frequenze che genera la fondamentale e, secondo ampiezze in genere rapidamente decrescenti, le parziali (armoniche e non);
- Un risuonatore (cassa armonica, canna chiusa e aperta, tavola armonica) con la funzione di amplificare la vibrazione in modo selettivo in frequenza, e dare una nuova forma all'onda sonora rispetto a quella originariamente emessa dall'elemento vibrante;
- Un adattatore di impedenza tra il sistema vibrante e l'aria circostante per aumentare l'efficienza di irradiazione del suono.
La parte per noi più interessante è il procedimento di amplificazione selettiva che avviene ad opera del risonatore. La particolare conformazione di ogni strumento musicale è studiata perché il risonatore presenti determinate frequenze di risonanza. Ad esempio nel caso del violino, il risonatore è costituito dalla cassa armonica la cui forma irregolare seleziona frequenze risonanti attorno a 600 Hz e 1000 Hz (dette risonanze del legno) ed altre risonanze molto ravvicinate nella zona tra i 2000 Hz e i 4000 Hz. Vi è poi anche una risonanza dell'aria detta risonanza di Helmholtz dovuta all'aria che entra e esce dalla cassa attraverso i fori ad effe e che si colloca attorno alla frequenza di 300 Hz. Quando tale risonatore viene investito dalla vibrazione generata dall'elemento vibrante (l'accoppiamento tra elemento vibrante e risonatore è reso efficiente adattando l'impedenza tra cassa armonica e corda tramite il ponticello), esso "risuona", cioè si mette in oscillazione, soprattutto alle frequenze vicine alla propria frequenza di risonanza e ciò indipendentemente dal contenuto spettrale del suono generato dalla sorgente primarie di vibrazione. L'effetto pratico è che il contenuto spettrale del suono originario viene modificato dall'effetto filtrante del risuonatore: si formano bande di frequenza dette formanti nelle quali l'emissione sonora dello strumento è dominante. Probabilmente la posizione delle formanti, essendo dovuta alla geometria dello strumento e non alla frequenza della nota emessa, e l'elemento determinante per la riconoscibilità del timbro di uno strumento. Un metodo pratico per ottenere le frequenze delle formanti che evidenziano le risonanze proprie dello strumento è di mediare gli spettrogrammi istantanei su intervalli di tempo sufficientemente lunghi; è importante eseguire la media su tempi lunghi e su brani che visitano l'intero spettro delle altezze dello strumento in modo da sollecitare tutti i modi normali della cassa armonica.
...e il povero suonatore?
Da quanto detto in precedenza sembra che la qualità timbrica dello strumento sia completamente dipendente dalle caratteristiche geometriche dello strumento stesso. Il ruolo del suonatore, dal punto di vista fisico, viene svilito
- a quello di sorgente di energia meccanica atta a mettere in moto la sorgente primaria di vibrazione;
- a quello di selezionatore dell'armonica fondamentale (cioè della nota emessa) alterando le caratteristiche fisiche (ad esempio la lunghezza della corda) dell'elemento posto in vibrazione. (Tra l'altro, in molti strumenti, ad es. il pianoforte, l'altezza della nota emessa è già regolata dal tasto corrispondente...quindi lo strumentista sembra ancora più inutile!)
Non ce ne vogliano gli strumentisti veri!! In realtà siamo ben consci del fatto che quando uno strumentista genera un suono, egli può modificare, a parità di nota eseguita (cioè fissata la frequenza della armonica fondamentale), il modo e la rapidità con cui l'energia si distribuisce tra le varie armoniche (addirittura sopprimendone alcune). Una delle finalità della tecnica esecutiva (in una visione estremamente riduzionistica) consiste nell'acquisizione di un controllo completo del timbro del suono prodotto. Ogni strumento musicale pone, all'esecutore, problemi tecnici peculiari che derivano dalla diversa modalità con cui vengono condotte le quattro fasi di produzione del suono descritte in precedenza. Si pensi
- al "tocco" del pianista;
- all'attacco del suono di un trombettista che può essere rapido, producendo un "clic" caratteristico, o più diluito nel tempo;
- alla diverse modalità con cui un violinista utilizza l'archetto per produrre effetti timbrici caratteristici;
- alla diversità timbrica del suono di una chitarra a seconda venga suonata con il plettro o con le dita;
- alla diversità timbrica del suono prodotto dal piatto di una batteria a seconda che venga percosso nel centro o vicino al bordo;
- alle volontarie fluttuazioni di ampiezza e frequenza che il violinista introduce nel suono quando esegue, per rendere meno piatta e noiosa la fase di sustain, un tremolo o un vibrato;
- alla diversità timbrica del canto di petto (dei cantanti lirici) di gola (cantanti di musica leggera) e di naso o del falsetto.
Approfondimenti e collegamenti
- Nelle pagine relative ai singoli strumenti musicali (oboe, tromba, clarinetto, violino, timpani, voce umana, ecc.) troverai registrazioni dal vivo dalle quali potrai apprezzare la possibilità di gestione del timbro che uno strumentista possiede nei confronti del proprio strumento.