Riflessione del suono
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Jump to navigation Jump to searchRiflessione dell'onda sonora
Tutti conosciamo, per averlo sperimentato direttamente, il fenomeno della riflessione del suono: il fenomeno dell'eco, la particolare acustica di una stanza o di una sala da concerto, la possibilità di abbattere il rumore (si pensi alle barriere o a certi asfalti fono-assorbenti nelle strade di grande traffico), persino la capacità di un pipistrello (o di un sottomarino) di rilevare la presenza di un ostacolo, sono conseguenze di tale fenomeno (o del suo effetto complementare, cioè l'assorbimento del suono).
Quando avviene il fenomeno della riflessione?
La risposta, a prima vista ovvia, è che la riflessione dell'onda sonora avviene quando essa incontra un ostacolo.
Tale affermazione è troppo semplicistica per due ordini di motivi:
- la presenza di un ostacolo non è di per sé condizione sufficiente a garantire la presenza di un apprezzabile fenomeno di riflessione sonora. Come ben illustrato nella pagina relativa alla riflessione, per il verificarsi della riflessione, gioca un ruolo fondamentale la dimensione relativa dell'ostacolo rispetto alla lunghezza d'onda dell'onda sonora: il fenomeno della riflessione è significativo solo se la dimensione dell'ostacolo è molto maggiore della lunghezza d'onda dell'onda sonora che incide su di esso. Ovviamente nel caso in cui l'ostacolo circondi completamente la sorgente sonora (si pensi ad esempio alle pareti di una sala da concerto, all'interno della quale sta suonando un'orchestra) è ovvio che il fenomeno della riflessione è importante (l'onda sonora è impossibilitata ad "aggirare" l'ostacolo) e dipende ovviamente dalle proprietà di riflessione e di assorbimento del materiale di cui sono fatte le pareti. Nella progettazione di ambienti aventi determinate caratteristiche acustiche è della massima importanza tener conto del fenomeno della riflessione (anche multipla) che il suono subisce a causa della presenza delle pareti. Non si deve pensare che il problema possa essere semplicemente risolto cercando di limitare (tramite materiali fonoassorbenti) il fenomeno della riflessione: l'effetto inimitabile, anche dai più fedeli apparecchi di riproduzione, che crea la "musica dal vivo" è in larga parte dovuto alla presenza di riflessioni "controllate" che arricchiscono il suono che ci proviene direttamente dagli strumenti degli esecutori.
- la presenza di un ostacolo non è nemmeno condizione necessaria per la presenza del fenomeno della riflessione. L'onda riflessa può originarsi anche in presenza di variazioni delle caratteristiche fisiche del mezzo di propagazione dell'onda (riassunte nel concetto di impedenza) senza che vi sia necessariamente la presenza di un ostacolo, normalmente inteso. Ad esempio la "geometria" degli strumenti musicali a fiato è finalizzata alla formazione di onde riflesse all'interno dello strumento, necessarie alla generazione di quelle onde stazionarie responsabili della produzione dei suoni. Nel caso di tali strumenti la variazione di impedenza (all'origine delle onde riflesse) è dovuta alla diversa pressione dell'aria esistente nella cavità orale dello strumentista, nell'interno della canna e appena all'esterno della canna. Tali aspetti sono approfonditi nel paragrafo seguente e nelle pagine relative alla fisica degli strumenti musicali e all'adattamento di impedenza.
Se vuoi vedere la formazione di onde riflesse con queste modalità, visita il laboratorio virtuale.
Come si genera l'onda riflessa?
Il meccanismo di riflessione dell'onda sonora è analogo a quello della riflessione nelle corde anche se per il suono l'interazione con il "vincolo", rappresentato dalla parete dell'ostacolo o da una brusca variazione di impedenza del mezzo, è più difficile da descrivere in modo semplice. Innanzitutto distingiuiamo i due casi:
Riflessione dell'onda sonora da una parete o dall'estremità di una canna chiusa
Cosa succede quando l'onda sonora, cioè l'onda di compressione longitudinale presente nel mezzo (che assumeremo essere aria) raggiunge, in certo istante, una parete propriamente detta o l'estremità di una canna chiusa? In prossimità della parete le molecole dell'aria non possono più oscillare longitudinalmente, cioè parallelamente alla direzione di propagazione dell'onda:
- si crea un nodo nell'ampiezza dell'onda longitudinale, analogamente a quanto accade all'estremo vincolato di una corda;
- per quel che concerne la pressione, invece, la presenza della parete determina la massima variazione possibile in quanto l'impossibilità di oscillare longitudinalmente delle particelle produce un repentino aumento di densità (e quindi) della pressione dell'aria. La presenza della parete produce, per reazione, un brusco abbassamento della pressione (le particelle rimbalzano indietro provocando una rarefazione (e quindi una diminuzione della pressione) in prossimità della parete. Si dice allora che la pressione presenta un ventre e viene riflessa senza inversione di fase (come farebbe l'estremo libero di una corda).
Riflessione dell'onda sonora all'estremità di una canna aperta
Cosa succede quando l'onda sonora, cioè l'onda di compressione longitudinale presente nel mezzo (che assumeremo essere aria) raggiunge, in certo istante, l'estremo di una canna aperta? In prossimità dell'estremità della canna le molecole dell'aria ora sono libere di oscillare longitudinalmente, cioè parallelamente alla direzione di propagazione dell'onda:
- si crea un ventre nell'ampiezza dell'onda longitudinale, analogamente a quanto accade all'estremo libero di una corda;
- per quel che concerne la pressione, invece, essa è vincolata ad assumere, per continuità, il valore della pressione atmosferica presente appena all'esterno della canna. La presenza della estremità aperta produce in questo caso un nodo e l'onda di pressione viene riflessa con una inversione di fase.
Riassumendo, esattamente come nelle corde, la presenza di "vincoli" fisici impone
- la nascita di onde riflesse che interagendo con l'onda della sorgente determinano la formazione di onde stazionarie;
- la formazione di nodi o di ventri di pressione nelle estremità delle canne (aperte e chiuse). Come spiegato in dettaglio nella pagina interferenza tra onde riflesse questo determina la nascita di condizioni di quantizzazione sulle possibili lunghezze d'onda stazionarie della canna. Le condizioni di quantizzazione ricavate per la corda, che riportiamo per comodità nella tabella seguente, valgono anche per i tubi i sonori a patto di considerare l'estremo vincolato della corda come l'estremo di un tubo aperto e l'estremo libero della corda come l'estremo chiuso di un tubo sonoro. Nella tabella L indica sia la lunghezza della corda che la lunghezza della canna:
Ti consigliamo di ripetere gli esperimenti sui tubi sonori del nostro laboratorio virtuale per osservare con maggiore consapevolezza:
La capacità di selezionare determinate onde stazionarie dei tubi sonori (chiusi e aperti) è alla base del funzionamento di tutti gli strumenti a fiato e dell'organo a canne. Calcoliamo la distanza di un ostacolo tramite la riflessioneMolti dispositivi e anche alcuni animali utilizzano il fenomeno della riflessione di un'onda per rilevare la presenza di un ostacolo. Il principio della localizzazione è molto semplice:
E' importante sottolineare che tale metodo può funzionare se
L'eco e il riverberoNel caso delle onde sonore le lunghezze d'onda variano da circa 17 metri (per i suoni molto gravi, di bassa frequenza) fino a pochi millimetri (per suoni molto acuti, di alta frequenza). Inoltre il nostro orecchio ha la capacità, per ragioni fisiologiche, di discriminare due suoni ricevuti in sequenza, solo se il tempo di separazione è circa di un decimo di secondo. Ricordando che la velocità di propagazione del suono in aria è di circa 340 m/s, un rapido calcolo mostra che, nel caso degli esseri umani, il metodo può essere efficace solo per la localizzazione di oggetti di grandi dimensioni e posti a distanza maggiore di
Lo stesso Newton utilizzò il fenomeno dell'eco per una prima determinazione della velocità del suono: egli ottenne misure incredibilmente precise (entro l'1% del valore noto oggi) utilizzando il porticato della Neville's Court nel Trinity College, Cambridge, dove aveva studiato, lungo ben 65 metri (v. fotografia qui a fianco). Osserva che il tempo che Newton dovette misurare era comunque inferiore al secondo (visita la pagina velocità del suono se vuoi sapere come Newton risolse il problema). Nel caso in cui non si verificassero le condizioni per avere l'eco, ovvero il suono riflesso arrivasse all'osservatore in un tempo inferiore a un decimo di secondo dopo quello emesso, si ha il riverbero, ovvero una sensazione sonora più intensa e causata dal fatto che il suono riflesso si sovrappone al suono di "partenza" generando un'impressione di minor nitidezza e di più difficile localizzazione e della sorgente sonora e dell'ostacolo. Provate ad immaginare, come nel peggior degli incubi, di emettere un urlo in una piccola grotta buia: il suono torna alle vostre orecchie in modo confuso impedendovi la benché minima localizzazione delle pareti. In questo caso probabilmente (anche se non sono soddisfatte le condizioni per avere l'eco, cioè assumendo che le pareti distino da voi meno di 17 metri) avvertireste anche ancora il fenomeno dell'eco dovuto stavolta a riflessioni multiple. Il fenomeno del riverbero è di fondamentale importanza nella progettazione di sale da concerto: se vuoi approfondire questi aspetti visita la pagina relativa all'acustica architettonica. Applicazioni tecnologiche della riflessione del suonoIl SONARLa parola SONAR, entrata ormai a far parte del vocabolario d’uso comune, è l'acronimo dell'espressione SO.N.A.R, ossia SOund Navigation And Ranging (navigazione e localizzazione tramite il suono). Già il nome rivela di per sé
I SONAR possono essere passivi o attivi. Nel primo caso, essi sono usati per identificare la presenza di particolari fonti sonore, essendo nella pratica semplici ‘orecchi’ in ascolto dei suoni che si propagano sott’acqua. Sono i sonar attivi, invece, che sfruttano appieno il fenomeno della riflessione sonora descritto in precedenza: essi sono costituiti da dispositivi di trasmissione/ricezione di impulsi sonori (anche ultrasonici) e da misuratori del "tempo di volo" (cioè del tempo di andata e ritorno) dell'onda sonora riflessa. Ovviamente essendo dispositivi elettronici, tali misuratori possono avere un potere separatore tra due suoni successivi molto minore dei limiti imposti dalla fisiologia del sistema uditivo dell'uomo e consentire la localizzazione di ostacoli anche molto vicini. La tecnica SONAR oggigiorno si è "emancipata" dalla sua origine nautica e viene impiegata in tutti i dispositivi che utilizzano sensori ad ultrasuoni:
a) ad un'imprecisa valutazione della velocità di propagazione del suono in aria (che dipende, seppur debolmente, dalle condizioni di temperatura e di umidità dell'aria); b) alla natura dell'oggetto che riflette l'onda sonora (ad esempio se è fatto di materiale "fonoassorbente" o presenta una superficie scabra che può dar luogo al fenomeno della riflessione diffusa), alla sua inclinazione rispetto alla direzione di propagazione dell'onda sonora incidente (che può compromettere la sensibilità del ricevitore a cui arriva solo una minima frazione dell'onda riflessa). Tali errori, a meno di lavorare in condizioni ambientali estreme, sono comunque, su piccole distanze, più che accettabili: ne è prova il fatto che esistono già in commercio robot mobili che utilizzato i sensori ad ultrasuoni, utilizzati per il trasporto di materiale in ambienti ampi e poco arredati (i lunghi corridoi di un ospedale poco frequentato) o addirittura come guide da museo.
L'ecografiaAnche l'ecografia sfrutta il fenomeno della riflessione delle onde sonore. In questo caso visto le dimensioni minime dei dettagli da visualizzare tramite ecografia, devono essere usati ultrasuoni di lunghezza d'onda molto piccola (cioè di frequenza elevatissima). In effetti nelle tecniche ecografiche vengono impiegati ultrasuoni di altissima frequenza (da 1 MHz a 10 MHz, generati da cristalli di quarzo in grado di vibrare anche milioni di volte in un secondo). Le esigenze di avere un elevato potere risolutivo (cioè la possibilità di discriminare come distinti oggetti molto vicini) assicurato dall'uso di onde ad elevata frequenza si scontra però con il fatto che tali onde hanno una minor capacità di penetrazione nei tessuti (onde ad elevate frequenza vengono assorbite, in generale, con più rapidità). La scelta del "range" di frequenze ecografiche deve quindi contemperare queste due opposte esigenze. La tecnica ecografica si basa sulla diversa capacità di riflettere le onde sonore che sostanze di diversa densità e composizione chimica possiedono: direzionando le sonda ecografica sulle parti da studiare secondo diverse angolature ed analizzando, molte volte al secondo, le onde riflesse si riescono ad ottenere informazioni, tradotte poi in immagini, che rielaborate in sequenza generano addirittura un filmato. L'utilizzo più largamente conosciuto dell'ecografia è quello che consente di vedere un feto muoversi nel grembo materno (vedi immagine a lato). L'esame ecografico è operatore-dipendente nel senso che il suo corretto esito è vincolato alla capacità di un operatore adeguatamente istruito di decodificare le immagini ecografiche. Un'ultima osservazione: chi ha effettuato un'ecografia sa che prima di venire esposta alle onde sonore la "pelle" al di sopra della parte da esplorare viene cosparsa di "gel": tale sostanza funge da adattatore di impedenza tra la sonda ecografica e gli organi interni: essa modifiche le proprietà riflettenti della pelle modificandone l'impedenza alle onde sonore e rendendola praticamente "trasparente" alle onde ultrasoniche. L'eco DopplerUn'interessante "variante" dell'ecografia classica applicata ai vasi sanguigni è l'esame diagnostico conosciuto come Eco-Doppler. L'ecografia classica consente di studiare la morfologia delle pareti dei vasi arteriosi e venosi rilevando
Essa però non è in grado di valutare le ripercussioni emodinamiche (cioè sul flusso effettivo del sangue) che hanno tali anomalie morfologiche; per ovviare a tale limite diagnostico l'ecografia viene utilizzata assieme alla tecnica Doppler la quale permette anche la visualizzazione delle parti in movimento (in questo caso il flusso del sangue). Tale tecnica si basa sullo spostamento in frequenza che subiscono le onde riflesse da corpi in movimento; tale spostamento dipende dalla velocità del corpo riflettente e quindi fornisce una "mappatura" delle diverse velocità del flusso sanguigno nei vari punti della sezione del vaso. Gli aspetti quantitativi di tale spostamento in frequenza sono ben descritti nelle pagine relative all'effetto Doppler. Nell'immagine a lato le parti "biancastre" rappresentano il vaso sanguigno; in rosso è stato colorato il flusso sanguigno. Esistono tecniche di visualizzazione (utilizzate nell'esame denominato Eco-color Doppler) più raffinate che associano alle diverse velocità del flusso sanguigno un colore diverso. Approfondimenti e collegamenti
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