Come si costruisce una scala musicale?

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Nella pratica musicale ha poca importanza la capacità di associare ad una data nota l'altezza (o la frequenza) corretta: sono pochi i musicisti che, sentendo un suono isolato da qualsiasi contesto, sanno indovinare di che nota si tratti (questa è una considerazione che sorprende spesso i profani: sarebbe come dire che un pittore non riconosce i colori di cui si serve per creare i propri quadri). Quello che importa è la capacità di riconoscere i vari intervalli che possono formarsi tra due note, di imparare a sfruttare la loro "consonanza" o "dissonanza" per fini musicali. I termini consonanza e dissonanza sembrano introdurre elementi di soggettività (che certamente vedremo sono ben presenti) nel giudizio sui vari intervalli: in realtà vi sono aspetti fisichi (oggettivi) e aspetti psicoacustici (intersoggettivi) che hanno fatto sì che tutte le civiltà, in luoghi e tempi molto diversi, abbiano individuato una serie di intervalli di maggior consonanza, primo fra tutti l'intervallo di ottava.

Dopo l'inestimabile contributo di Galileo, è noto che l'altezza di una nota è strettamente connessa alla frequenza di vibrazione dell'onda sonora che colpisce il timpano; ci si può allora chiedere quale relazione debba intecorrere tra le frequenze per dar luogo ad un intervallo di un ottava. Nella tabella seguente sono riporte le differenze e i rapporti di frequenza

55 110 55 2
110 220 110 2
220 440 220 2

La tabella non lascia dubbi: l'intervallo percepito è l'ottava se il rapporto tra le due frequenze è esattamente doppio. In generale dal nostro sistema percettivo

due intervalli sono giudicati uguali se è identico il rapporto (e non la differenza) delle frequenze dei suoni dell'intervallo.

Tra gli intervalli particolarmente consonanti si sono individuati la quinta giusta in cui il rapporto delle frequenze è pari 3/2 (anziché 2/1 come nell'ottava) e la quarta giusta per la quale il rapporto diventa 4/3.

Volendo costruire, con un criterio puramente matematico, una scala musicale che abbia tutti i "gradini" (intervalli) uguali e che parta dalla nota più bassa dell'ottava per terminare in quella più alta, dovremo considerare suoni le cui frequenze stanno in progressione geometrica e (non aritmetica). Si osservi che nei normali gradini di una scala rimane costante la differenza (e non il rapporto) tra le altezze assolute (rispetto alla base della scala) di due gradini consecutivi! Ovviamente tale criterio matematico non è detto che produca intervalli così "consonanti" come l'ottava. Nella scelta delle frequenze (e quindi delle note) da inserire nell'ottava ai fini di formare una scala musicale, hanno storicamente giocato criteri estetici relativi alla consonanza degli intervalli interni alla scala stessa. La storia di come civiltà diverse, o la medesima civiltà in tempi diversi, abbiano prodotto differenti divisioni dell'ottava è assolutamente affascinante intrecciata com'è di considerazioni "numerologiche", estetiche in senso stretto, fisiche e di tecnica costruttiva degli strumenti musicali. Essa è approfondita nei paragrafi successivi e nelle pagine relative alla scala pitagorica, alla scala naturale e alla scala temperata.

Come si misura l'ampiezza di un intervallo?

Se vogliamo effettivamente costruire una scala musicale abbiamo la necessita di misurare l'ampiezza di un intervallo tra due gradi consecutivi della scala. Convenzionalmente il rapporto delle frequenze dei vari gradi di una scala si riferisce al primo grado della scala (chiamato tonica della scala). Supponiamo per esempio, di avere una scala in cui i rapporti sono indicati in questa tabella (si tratta di una scala pitagorica basata sulla tonica Do).

rapporto di frequenza rispetto al Do 1:1 9:8 81:64 4:3 3:2 27:16 243:128
nota Do Re Mi Fa Sol La Si

Se vi è necessità di misurare, ad esempio, l'intervallo tra il Sol e il La, cioè il rapporto delle loro frequenze, dobbiamo calcolare

Bisogna convenire che i calcoli non sono sempre agevoli (soprattutto in presenza di rapporti contenenti numeri grandi) ma, soprattutto, non è immediato accorgersi a colpo d'occhio dell'identità di due intervalli. Ad esempio l'intervallo tra La e Si è esattamente uguale a quello tra Sol e La appena calcolato (Provare per credere!).

Per ovviare a tale inconveniente, proprio perché nella determinazione dell'ampiezza dell'intervallo gioca un ruolo fondamentale il rapporto, e non la differenza, delle frequenze dei suoni che lo costituiscono, è possibile adottare una scala logaritmica. Essa si basa sulla divisione dell'ottava in 1200 intervalli uguali, detti cent.

,

quindi

Perché proprio 1200 parti uguali?
La scala dei cent si basa sulla nostra moderna scala musicale. La risposta quindi è alla pagina sul temperamento equabile.

Il vantaggio della scala logaritmica si apprezza quando si debba misurare l'ampiezza di un intervallo costituito da due sottointervalli consecutivi.

La misura in cent dell'intervallo tra due frequenze e , è data da

cent.

Quindi, se il primo intervallo ha misura

cent

e il secondo intervallo ha misura

cent

allora l'intervallo ottenuto "raccordando" i due intervalli ha misura

cent.

Grazie alle proprietà dei logaritmi possiamo allora scrivere

cioè

Adottando la scala logaritmica l'ampiezza dell'intervallo complessivo è uguale alla somma delle ampiezze dei sottointervalli da cui è costituito.

Ad esempio la scala che abbiamo preso come modello diventa molto semplice se gli intervalli sono espressi in cent:

rapporto di frequenza rispetto al Do (in cent) 0 204 408 498 702 906 1110 1200
nota Do Re Mi Fa Sol La Si Do

Volendo ricalcolare l'ampiezza dell'intervallo Sol-La basta ora effettuare la differenza tra gli intervalli di frequenza (in cent) di La e Sol rispetto a Do. La coincidenza degli intervalli dei diversi gradi consecutivi è ora del tutto evidente: sottrarre è molto più facile che dividere! In particolare è immediato riscontrare che in questa scala (è in realtà una scala pitagorica) esistono solo due tipi di intervalli di ampiezza 204 e 90 cent.

Approfondimenti e collegamenti


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